Fare business in Italia e avere successo. La storia di Jacopo...

Jacopo Vigna, creatore di MilkyWay. Esempio di come creare un business di successo in Italia. Jacopo Vigna non lo sa, ma è un antidepressivo piuttosto efficace di questi tempi. Leggete la sua storia casuale, rocambolesca, faticosa, ma tutto sommato sempre felice, leggetela una sola volta e tutti quei discorsi su "in Italia non si può fare niente, meglio andare via" spariranno per sempre. 
Cancellati. Azzerati come stantii luoghi comuni. Dunque, Jacopo ha 30 anni, otto dipendenti, una cinquantina di persone nel team, 160 mila fan nella sua pagina Facebook. E ha appena ottenuto un investimento di 720 mila euro per far diventare la sua Milkyway, la startup creata a mano notte dopo notte in una stanza di Modena, la più grande community mondiale di appassionati di sport estremi. Alè.

L'inizio. Jacopo Vigna nasce a Udine con una idea fissa. "Non fare l'imprenditore, a quello non ci ho mai pensato". L'idea fissa è l'adrenalina dello sport. Dall'età di sei anni gioca a rugby e arriverà fino alla nazionale under 20. Ma la sua vera passione è il bike trial, la bici estrema. Sogna di andare a lavorare nel mondo delle moto e per riuscirci a 19 anni si trasferisce nella terra dei motori, l'Emilia. 

Si iscrive a Ingegneria a Bologna, e ottiene subito la possibilità di collaborare con il Centro stile di Ducati. È bravo al punto che ottiene di far parte del circo della SuperBike al seguito di un campione come Max Biaggi: "Ero il telemetrista. Il tipo che sta sempre con un computer in mano accanto alla moto. A me in realtà del computer non fregava nulla. A me interessava solo la moto". Lì Jacopo si rende conto di quanta tecnologia ci sia nel mondo delle corse che si potrebbe trasferire agli appassionati di sport estremi. Era già l'idea di MilkyWay.

La startup. Jacopo si laurea lo stesso giorno del suo amico e compagno di bike trial Andrea Manieri. Trovano presto un lavoro, ma la sera si vedono in cucina per fare disegni su disegni di cose che vorrebbero realizzare. Finché un giorno, era il 2010, non viene a sapere che l'indomani c'è una business competition: "Io non avevo idea di cosa fosse, non avevo mai sentito parlare di una startup. Ma mi dicono che basta presentare una idea di impresa su un power point per provare ad essere finanziati". 

In una notte la presentazione è pronta e in due settimane arriva il primo finanziatore: Pietro Vandelli, un imprenditore locale molto noto nel mondo della meccanica che mette i primi 23 mila euro.

La svolta. Il difficile iniziava allora, però. Jacopo infatti molla il lavoro che aveva trovato in una impresa del settore biomedicale a Carpi, ma un mese dopo il suo amico Andrea lo molla: "Avevamo iniziato a lavorare a un ritmo pazzesco, non ha retto, mi è dispiaciuto". E così Jacopo si è trovato da solo: tutto solo in una stanza offerta da Vandelli, a far diventare una cosa veraMilkyWay. E così è andata avanti per un anno e mezzo. 

"Ho fatto di tutto, lavoravo anche venti ore al giorno, ma mi dicevo meglio così che dodici ore alle dipendenze di qualcuno altro". Era il virus dello startupper che lo stava cambiando. "Io nella vita non avevo mai pensato di fare l'imprenditore, non mi interessava. Le imprese che mi appassionavano erano altre, quelle sportive. Per me gli imprenditori erano zio Paperone, Rockerduck. Al limite Berlusconi o Zuckerberg. L'emozione dello sport è un'altra cosa. E non sapevo cosa stavo facendo in quei mesi in cui ho costruito MilkyWay. Ma l'ho fatto e non mi sono mai sentito così bene e così vivo come in questi anni".

Cosa ha fatto Vigna? Intanto aveva un prodotto. Aveva prototipato "un paracolpi per bici da trial, il primo al mondo con ammortizzatore". Ma un solo prodotto per quanto azzeccato era un po' poco per mettersi a fare e-commerce. E allora si è messo a fare importazione di altri prodotti. Può sembrare banale ma non lo è. 

"Ho usato Facebook. Facevo così: chiedevo in rete quali prodotti gli appassionati volessero, li compravo e li rivendevo. E così sono diventato il riferimento numero uno per il bike trial in Italia". Parliamo di una micronicchia, avverte: duemila persone in tutto, "ma quello che conta è il modello e il modello funzionava alla grande". 

Intanto anche i prodotti progettati da Jacopo sono cresciuti (oggi sono undici) e i fondi di investimento si sono avvicinati a MilkyWay. Hanno proposto a Jacopo di partecipare a SeedLab, un periodo di training in Silicon Valley, e soprattutto è stato nella capitale degli sport estremi, Los Angeles, dove ha capito che "nel mondo ci sono oltre 250 micronicchie di appassionati di action sports". 

Così è nato Milkyway Tribe, un social network di praticanti di sport estremi, per sapere in tempo reale chi sta facendo cosa: "È un mondo di edonisti, che ci tengono a far conoscere le loro imprese".

L'impresa di Jacopo si è realizzata qualche giorno fa quando due venture capitalist e due business angel hanno investito 720 mila euro. Così lui ha cancellato le ferie con "la moglie paziente" e il figlio di 5 mesi e si è messo a ridisegnare il progetto. Senza pensare un solo istante ad andare all'estero. 

"Mio nonno ci è quasi morto per l'Italia, c'era la guerra e dalla Puglia fino a Bologna se l'è fatta a piedi metro per metro per partecipare alla liberazione. Io adesso, anche se c'è tutto questo casino, prima di abbandonare la nave che affonda voglio provare a tutti i costi a tirarlo su, questo Paese. Anche per non avere rimorsi nei confronti della mia storia".